ANATOMIA DELL’ASSENZA
Non sappiamo dove siamo finché qualcosa non manca. Nel corpo, nella vita, nei gesti quotidiani — l’assenza si infila dove meno te l’aspetti. Anatomia dell’Assenza non parla di un disturbo clinico, ma si nutre di chi, ogni giorno, fa i conti con il vuoto al posto della propria posizione.
La propriocezione — quel senso silenzioso che ci dice “io sono qui” — è data per scontata finché scompare e quando scompare, il corpo si smonta, diventa oggetto, spettatore, a volte perfino nemico.
In queste immagini non c’è dolore esibito, ma neppure un’estetica della sofferenza. C’è disorientamento, ironia, tenerezza: una coreografia surreale di mani, gambe, teste che si muovono come fossero altrove, perché altrove, a volte, è l’unico posto in cui possiamo ancora sentirci interi. Non ci interessa spiegare: ci interessa far sentire. L’assenza non è un vuoto, è una nuova geografia.